Si aggiunge un piccolo tassello all’offerta streaming del regista olandese Paul Verhoeven. Ripercorriamo la sua carriera dagli esordi al “periodo americano”, quello di blockbuster come Robocop, Atto di forza e Basic Instinct, che l’hanno reso celebre in tutto il mondo: oggi Paul Verhoeven è considerato non soltanto tra i migliori registi in circolazione ma un vero e proprio sperimentatore di forme, capace di definire figure di donne e uomini complesse e estreme. Il ritratto di Adriano Aiello è stato pubblicato in origine su FilmTv n° 19/2016.
Secondo un vecchio adagio molto in voga nel mondo del vino, i migliori produttori non andrebbero mai giudicati nelle grandi annate, ma da come interpretano quelle estremamente negative. La metafora enologica è particolarmente calzante e applicabile al cinema di Paul Verhoeven: autore vistoso, straripante, controverso, iconoclasta e grandioso, quasi sempre equivocato, considerato eccessivo e poco raffinato, eppure in grado di imprimere il suo sguardo, le sue ossessioni e il suo humour nero a qualsiasi storia, anche a quelle apparentemente più banali e deterministe. Basti pensare al completo stravolgimento che anima il progressivo disvelamento dei personaggi di Showgirls, agli “inaccettabili” pruriti sessuali invisibili di L’uomo senza ombra, o alla follia satirica di Starship Troopers – Fanteria dello spazio, che fece dire perfino a un deformatore seriale dell’immagine come Takashi Miike: «Guardando il film mi chiedevo come mai i produttori non avessero fermato Paul Verhoeven: ha infranto qualsiasi regola!» Sono dunque, questi, film minori? Certamente sono opere fraintese e sottostimate, che non hanno goduto dell’impatto sull’immaginario di RoboCop, Atto di forza o Basic Instinct (tutti titoli furiosamente stratificati, specie l’ultimo, che in superficie solletica il voyeurismo e l’edonismo dei primi anni 90, mentre sferra un attacco frontale all’America reaganiana, sotto forma di omaggio a La donna che visse due volte), ma fanno parte di un percorso unico, perfettamente coerente con la personalità di un magnifico outsider che è arrivato al cinema tardi, passando per la carriera militare e una gavetta da documentarista.
Una personalità imponente e un cinema irrorato da grande curiosità e spirito corrosivo, mai imbavagliato dalla retorica. Capace di animare di chiaroscuri e crudezze il naturalismo del suo periodo olandese, vissuto in simbiosi con Rutger Hauer, e successivamente di giocare con i generi, realizzando blockbuster applauditi da un pubblico spesso incapace di leggersi come il principale bersaglio delle rasoiate che alimentano la sua poetica. Che non è mai affossata dall’ideologia, appunto, qualunque essa sia e qualunque abbiano tentato di affibbiargli. Quantomeno, non è attraversata da impeti moralistici, o da un’idea monolitica del mondo: il suo sguardo sulle cose e sui protagonisti è acuto e ghignante, spesso sfuggente, sempre stimolante e alla ricerca dell’incontro tra opposti. Tra elementi conflittuali apparentemente inconciliabili.
Ma il cinema di Verhoeven è, soprattutto, inarrestabile: sembra infatti privo di frontiere e di limiti (di linguaggio, di rappresentabilità, di genere sessuale) e la sua macchina da presa, vorticosa e invadente, affonda la sua lente, senza remore, nel sangue e nella carne (L’amore e il sangue è d’altronde il titolo di un suo film del 1985: ancora una volta un’opera solo apparentemente minore), quando non letteralmente negli orifizi o nei genitali. Un modo ossessivo di insinuarsi che presenta qualche interessante anologia con il percorso di David Cronenberg, senza la profondità teorica e filosofica del regista canadese, ma sempre alla ricerca della parte conflittuale e segreta di ognuno di noi. Solo così un racconto di formazione come Spetters – Spruzzi può diventare un’inconciliabile tragedia, un classico di Philip K. Dick (il racconto Ricordiamo per voi) può trasformarsi in quella riflessione sul doppio e sul corpo che è Atto di forza, o un potenziale inno alla libertà e all’attivismo politico come Soldato d’Orange può farsi fagocitare dalle inclinazioni dissonanti dei suoi personaggi. Tanto che la sua evoluzione, Black Book, è ancora un’opera inarrestabile, beffarda, ambigua e anticonformista, dove l’eroina partigiana si innamora di un nazista e finisce sommersa da una cascata di escrementi. Perché su tutto domina il rifiuto della logica cartesiana applicata ai sentimenti umani. Verhoeven è il più importante regista della storia del cinema olandese. E tra i pochi europei capaci di non svendere la propria eccentricità al modello imperante a Hollywood, quanto piuttosto di codificare un nuovo equilibrio tra la scuola cinematografica del vecchio continente e il dinamismo narrativo di quella statunitense. Già lo sappiamo: alcuni adoreranno Elle, altri lo detesteranno, qualcuno dirà che è un film reazionario, ma nessuno lo comprenderà a pieno.
Adriano Aiello
Filmografia di Paul Verhoeven disponibile in streaming:
[1971] Gli strani amori di quelle signore
[1973] Fiore di carne
[1975] Kitty Tippel… quelle notti passate sulla strada
[1983] Il quarto uomo
[1985] L’amore e il sangue
[1987] RoboCop
[1990] Atto di forza
[1992] Basic Instinct
[1995] Showgirls
[1997] Starship Troopers – Fanteria dello spazio
[2000] L’uomo senza ombra
[2006] Black Book
[2012] Steekspel
[2016] Elle